Christopher Cross

Pescara 19 Novembre 2009

Recensione di Franco Fusilli

     Il fenicottero rosa di Christopher Cross riporta alla mente un momento indimenticabile per gli amanti della West Coast. I suoni e le atmosfere di quel sorprendente primo capitolo della sua discografia rimandano direttamente al 1979 quando il mondo non era ancora subissato dalla pletora di informazioni scaricabili ‘a buon mercato’ dalla rete e i dischi ‘sconosciuti’ si acquistavano soprattutto valutando attentamente note, credits e ringraziamenti riportati sulle inarrivabili copertine o sulle buste interne dei cari vecchi dischi in vinile. Il cast, in questo caso, dava adito a notevoli aspettative. La produzione affidata a Michael Omartian, già di per sé una garanzia era, come se non bastasse, suggellata dalla presenza negli special thanks di Lenny Waronker e Russ Titelman. L’interesse iniziava a trasformarsi in frenesia quando, scorrendo i musicisti accreditati, saltavano agli occhi i nomi di due fra i migliori chitarristi della scena, Larry Carlton e Jay Graydon, di Michael McDonald, Valerie Carter, Nicolette Larson, J. D. Souther e Don Henley (background vocals), dei blasonati ottoni di Chuck Findley e Jim Horn, di percussionisti del calibro di Lenny Castro e Victor Feldman. Qualsiasi incertezza venne poi spazzata via al primo ascolto, al primo brano. "Say You’ll Be Mine", impreziosito da un ‘a solo’ da antologia di Graydon, rivelò in meno di tre minuti la statura di un talentuoso songwriter. Quel disco, raffinatissimo negli arrangiamenti (come si può non citare "Spinning") e pieno di canzoni indimenticabili quali "Never Be The Same", "I Really Don’t Know Anymore", la classica "Sailing", "The Light Is On", si trasformerà tuttavia in una spada di Damocle per lo schivo cantautore texano. I lavori successivi infatti, ad eccezione di "Another Page" del 1983, non riusciranno a reggere il confronto. Sono passati ormai trent’anni da quello straordinario esordio e da più di quindici Christopher Cross lavora fuori dal business delle major. Qualche passo falso alle spalle, ma anche tanta buona musica e un equilibrio che, da qualche tempo, sembra stabilizzato in un sound sobrio e levigato, dal flavour spiccatamente acustico, una cifra del resto testimoniata prima attraverso "Window" (1995) e in maniera definitiva con "The Café Carlyle Sessions" (2008). Club e teatri, ovvero l’habitat naturale per le sue esibizioni, costituiscono di fatto le locations del tour europeo 2009. Supportato da una formazione esperta ed affidabile -Roberto Vally al basso, Dave Beyer alla batteria, Nick Manson al pianoforte, Andy Suzuki, sassofoni e flauto-  Cross propone le sue delicate composizioni, colorate con gusto da arrangiamenti tenui ma efficaci, leggeri e mai scontati che mettono in risalto la penna misurata e sensibile di un cantautore assolutamente personale. Il repertorio, che attinge generosamente dai primi due dischi, pur prediligendo la scrittura più intimista trova comunque spazio anche per brani dalla musicalità più dinamica come "No Time For Talk", "Ride Like The Wind" (dedicata nel 1979 a Lowell George appena scomparso) e "All Right", efficaci anche in versione acustica. Il terreno è tuttavia fertilissimo per le pagine più introspettive; l’interpretazione di "Think Of Laura" sottolinea i contrasti di un commovente pastello delicatamente sospeso fra memoria e realtà; l’accattivante "Blink Of An Eye", sostenuta da un soffice impasto ritmico, è un esempio di come la discrezione di un arrangiamento possa esaltare lo spirito di una canzone. Eccellente la delicata versione dell’hit "Arthur’s Theme (Best That You Can Do)" co-written nel 1981 insieme a Burt Bacharach, Peter Allen e Carole Bayer Sager. Persuade la morbidezza del sound ma convincono ancor di più lo spessore dell’artista e la serietà del musicista, preciso alla chitarra acustica e stabile, al di là delle previsioni, nella performance vocale caratterizzata dalla classica timbrica virata sugli alti. Un concerto che riversa sull’ascoltatore una pericolosa quantità di ‘nostalgia per i bei tempi andati’ lasciando però aperti ampi spazi per un futuro serio, rispettabile e emozionante.